FANTATEATRO | IL RACCONTO DI FILIPPO
L’ORATORIO
FANTATEATRO
IL RACCONTO DI FILIPPO
Chi era San Filippo Neri? Perché a Bologna
c’è un Oratorio che porta il suo nome? Quali
sono i tesori artistici che custodisce? Domande
cui offre una risposta Il racconto di Filippo,
spettacolo itinerante che è un po’ visita
guidata e un po’ performance teatrale. Si tratta
di un percorso spettacolare per gruppi ristretti
di spettatori: tre attori conducono il pubblico
negli angoli più suggestivi dell’Oratorio,
dando voce ad alcuni personaggi storici e
fantastici legati al luogo, a partire da San
Filippo Neri, il santo della gioia che terrà le
fila della narrazione. Ma appariranno anche
un’immaginaria moglie di Ludovico Carracci
(di cui l’Oratorio ospita il celebre Ecce Homo) il
cardinale Lambertini (che inaugurò l’Oratorio
nel 1733) e la figura di una misteriosa donna
scampata dai bombardamenti del 1944.
FANTATEATRO | IL RACCONTO DI FILIPPO
L’ORATORIO
FANTATEATRO
IL RACCONTO DI FILIPPO
Chi era San Filippo Neri? Perché a Bologna
c’è un Oratorio che porta il suo nome? Quali
sono i tesori artistici che custodisce? Domande
cui offre una risposta Il racconto di Filippo,
spettacolo itinerante che è un po’ visita
guidata e un po’ performance teatrale. Si tratta
di un percorso spettacolare per gruppi ristretti
di spettatori: tre attori conducono il pubblico
negli angoli più suggestivi dell’Oratorio,
dando voce ad alcuni personaggi storici e
fantastici legati al luogo, a partire da San
Filippo Neri, il santo della gioia che terrà le
fila della narrazione. Ma appariranno anche
un’immaginaria moglie di Ludovico Carracci
(di cui l’Oratorio ospita il celebre Ecce Homo) il
cardinale Lambertini (che inaugurò l’Oratorio
nel 1733) e la figura di una misteriosa donna
scampata dai bombardamenti del 1944.
DARIA BIGNARDI | OGNI PRIGIONE È UN'ISOLA
"So come vanno le cose col carcere. Il carcere è odiato da tutti. Alcuni amano il carcere degli altri, per così dire."
Daria Bignardi, Ogni prigione è un'isola
Ogni prigione è un'isola: un viaggio nell'isolamento, anche interiore
"Il carcere è come la giungla amazzonica, come un paese in guerra, un’isola remota, un luogo estremo dove la sopravvivenza è la priorità e i sentimenti primari sono nitidi". Questa è la riflessione di Daria Bignardi, narratrice affascinata dai territori umani più profondi, che trent'anni fa ha fatto il suo primo ingresso in un carcere. Ogni prigione è un'isola, il suo nuovo libro, ci parla della sua esperienza.
Le prigioni sono diventate col tempo parte integrante del suo percorso: ha collaborato con il giornale di San Vittore, ha portato in televisione le sue conversazioni con i detenuti, ha accompagnato sua figlia in parlatorio per conoscere il nonno recluso.
Rimasta in contatto con molti detenuti, è ancora oggi un "articolo 78", autorizzata a partecipare alle attività culturali nelle carceri. Ha incontrato ladri, rapinatori, spacciatori, mafiosi, terroristi e assassini, ha conversato con agenti di polizia penitenziaria, giudici e direttori di istituti penitenziari.
Per scrivere di questo mondo l'autrice si è isolata per mesi su un'isola piccolissima: Linosa. Ma anche lì il carcere l'ha inseguita. Gli incontri e la vita sull'isola hanno dialogato profondamente con le storie ascoltate in prigione. Daria Bignardi racconta il suo viaggio nell'isolamento e nelle prigioni, anche interiori, con la sua voce unica, capace di trasportare il lettore al centro delle esperienze.
Partendo da sé, mettendosi in gioco, proprio come ha fatto la mattina del 9 marzo 2020, quando, di fronte a San Vittore, alcuni detenuti sono saliti sul tetto, unendosi alle rivolte che stavano scuotendo molte carceri italiane. A seguito di quegli eventi, tredici persone recluse hanno perso la vita.
Parlare di questo è un gesto inevitabilmente politico, perché guardare al carcere significa guardare al cuore della società, ma questo libro è anche e soprattutto personale, dove ogni cosa - ritratti, riflessioni, cronache, ricordi - è connessa dalla scrittura limpida e coinvolgente di Daria Bignardi.
📸Riccardo Piccirillo
CHRISTIAN GRECO | ALLA RICERCA DI TUTANKHAMUN
L’incontro sarà moderato dalla dottoressa Daniela Picchi, responsabile sezione egizia del Museo Civico Archeologico di Bologna.
Quando nel novembre del 1922 Howard Carter entra nella tomba del faraone Tutankhamun, il nome del faraone, dimenticato dalla storia, torna a essere pronunciato dopo tremila anni.
La tomba ha garantito al faraone una secon- da vita come simbolo dell’intera civiltà egizia.
Ma come è stato possibile? Christian Greco, direttore del Museo Egizio di Torino, conduce
i lettori di questo libro in un viaggio che inizia con la riforma religiosa del ‘faraone eretico’ Akhenaten ed esplora i grandi misteri legati a Tutankhamun – dalla sua ascendenza alle cause della morte – fino a indagare l’impatto che i favolosi oggetti ritrovati nella tomba hanno avuto sull’immaginario contemporaneo.
Al termine dell’incontro la redazione di Giovani Reporter realizzerà una breve intervista a Greco sul palco.
FANTATEATRO | IL RACCONTO DI FILIPPO
L’ORATORIO
FANTATEATRO
IL RACCONTO DI FILIPPO
Chi era San Filippo Neri? Perché a Bologna
c’è un Oratorio che porta il suo nome? Quali
sono i tesori artistici che custodisce? Domande
cui offre una risposta Il racconto di Filippo,
spettacolo itinerante che è un po’ visita
guidata e un po’ performance teatrale. Si tratta
di un percorso spettacolare per gruppi ristretti
di spettatori: tre attori conducono il pubblico
negli angoli più suggestivi dell’Oratorio,
dando voce ad alcuni personaggi storici e
fantastici legati al luogo, a partire da San
Filippo Neri, il santo della gioia che terrà le
fila della narrazione. Ma appariranno anche
un’immaginaria moglie di Ludovico Carracci
(di cui l’Oratorio ospita il celebre Ecce Homo) il
cardinale Lambertini (che inaugurò l’Oratorio
nel 1733) e la figura di una misteriosa donna
scampata dai bombardamenti del 1944.
MASSIMO OSANNA | IL MONDO NASCOSTO DI POMPEI
EVENTO ANNULLATO
È il 2017 quando la Procura di Torre Annunziata contatta il Parco Archeologico di Pompei. La proposta è chiara: intraprendere indagini congiunte per stabilire le responsabilità dei tombaroli e degli «scavatori» non autorizzati che stanno saccheggiando – ultimi di una lunga serie di clandestini – il territorio vesuviano.Nasce da qui l’avventura di ricerca raccontata in questo libro: si ricomincia a scavare a Civita Giuliana, là dove, si sapeva da indagini di inizio secolo, era il complesso di un’antica villa. Seguendo gli interventi dei clandestini in un’area oggi densamente abitata, il team del Parco guidato dall’allora direttore Massimo Osanna avvia una campagna di scavi destinata a restituire, tra momenti di delusione per i reperti distrutti o trafugati dai tombaroli, scoperte sensazionali: nuove vittime di cui si riesce a realizzare i calchi in gesso (dopo trent’anni dagli ultimi), una stalla con tre cavalli (il primo calco equino mai realizzato a Pompei), una sepoltura successiva all’eruzione del 79 d.C. Poi, in un ambiente limitrofo, un reperto eccezionale e unico nel suo genere: un pilentum, un fastoso carro da cerimonia finemente decorato, di cui si aveva traccia solo nelle fonti scritte. Praticamente intatto, solo sfiorato dai tunnel dei clandestini, conserva ancora i meravigliosi medaglioni a tema erotico. Attraverso un’accurata ricostruzione del territorio oltre le mura di Pompei e delle ville che punteggiavano la campagna, Massimo Osanna e Luana Toniolo ci accompagnano «dentro il cantiere» di Civita Giuliana, nell’operatività della moderna archeologia, restituendoci l’emozione della scoperta e la passione del loro lavoro. Fino all’ultimo ritrovamento: una stanza abitata da una famiglia di schiavi che, a distanza di duemila anni dalla tragica eruzione, ci restituisce la vita quotidiana delle classi subalterne, quelle che meno – fino a oggi – avevano lasciato traccia di sé.Un viaggio della conoscenza che diventa anche un monito: il nostro patrimonio archeologico e museale è un tesoro da difendere, da rilanciare, da valorizzare ogni giorno. E la villa al centro di questo libro, scrive Osanna, può oggi trasformarsi «da luogo di razzia, di distruzione dissennata, in un sito emblematico di tutela dinamica. Un simbolo della lotta dello Stato contro la piaga dello scavo clandestino e del commercio di manufatti archeologici e opere d’arte».
Al termine dell’incontro la redazione di Giovani
Reporter realizzerà una breve intervista ad Osanna
sul palco.
MAURA GANCITANO E I GIOVANI REPORTER | IL PATRIARCATO
“Nel nostro mondo un uomo è sicuro di sé, una donna è arrogante.
Un uomo è senza compromessi, una donna è una rompicoglioni.
Un uomo è assertivo, una donna aggressiva.
Un uomo è stratega, una donna manipolatrice.
Un uomo è un leader, una donna ha manie di controllo.
Un uomo è autorevole, una donna è prepotente.
Le caratteristiche e i comportamenti sono gli stessi, l’unica cosa che cambia è il sesso ed è in base al sesso che il mondo ci giudica e tratta diversamente”.
Chimamanda Ngozi Adichie, scrittrice.
Un incontro su un tema quanto mai attuale: il patriarcato. Per l’occasione Maura Gancitano, saggista, filosofa, opinionista e co-fondatrice di Tlon, scuola di filosofia, casa editrice e libreria teatro, salirà sul palco per confrontarsi con la redazione di Giovani Reporter, un portale online che pubblica ogni giorno articoli di opinione scritti da giovani tra i 14 e i 30 anni interessati a raccontare il mondo che li circonda.
MARCO SGROSSO | A COLPI D’ASCIA
Di questo testo, tratto dal romanzo di Thomas Bernhard, Marco Sgrosso ha curato la riduzione
e la regia, oltre ad esserne straordinario interprete, con l’accompagnamento musicale del polistrumentista Cristiano Arcelli.
Scrive Sgrosso: “Incantato dallo stile fulmineo e ridondante di Berhard, dall’intreccio di reiterazioni, assonanze e dissonanze che rendono i suoi testi simili a partiture musicali, sono rimasto affascinato
dalla figura del narratore: uomo tormentato, aggressivo ma vulnerabile, simile ad un animale
braccato.
Mi ha profondamente coinvolto l’analisi della figura dell’artista in conflitto, con se stesso prima ancora che con gli altri, e tanto più incatenato al suo universo quanto più fortemente vorrebbe fuggirlo”.
Con la sua ironia caustica e spietata, Bernhard scandaglia miserie, perfidie e ipocrisie dell’ambiente artistico della sua amata e odiata Vienna, ma il livido quadro finale che emerge da questo vorticoso pamphlet non ha confini geografici.
ALESSIO BONI E MARCELLO PRAYER | CANTO DEGLI ESCLUSI
“Io non fui originata ma balzai prepotente dalle trame del buio per allacciarmi ad ogni confusione”.
Sono versi di Alda Merini, la ‘poetessa dei Navigli’ scomparsa nel 2009 a 78 anni. A lei e al suo patrimonio letterario Alessio Boni e Marcello Prayer dedicano un reading (o meglio un concertato a due) intitolato Canto degli esclusi.
Dopo Pavese e Pasolini, i due attori hanno deciso di continuare “il gioco” della poesia nella nudità scenica con Alda Merini: le loro voci si alternano e si intrecciano come sempre per diventare una nell’intento di cadenzare la ritmicità del verso di Alda.
Un verso di forte intensità emotiva nel grumo di contraddizioni che l’hanno abitata. Scrivono Boni e Prayer: “Abbiamo immaginato la sua voce dettarci, come gli antichi rapsodi, il Libro di Poesia da mettere in voce: così è nata la necessità di questo altro viaggio”.
TEATRO DEI BORGIA | GIACOMO
Al termine dello spettacolo si terrà l’incontro I parlamenti di Matteotti, un dibattito sul processo compositivo dello spettacolo tra Gerardo Guccini, docente di Storia del teatro e dello spettacolo al DAMS di Bologna, nonché attento studioso e profondo conoscitore della teatro di narrazione e fondatore della rivista letteraria “Prove di drammaturgia” e Gianpiero Borgia, co-fondatore di Teatro dei Borgia e regista dello spettacolo.
“Un intervento d’arte drammatica in ambito politico”. Così Elena Cotugno (interprete) e Gianpiero Alighiero Borgia (regista) del Teatro dei Borgia raccontano il loro spettacolo Giacomo, tratto dai testi che Giacomo Matteotti lesse in Parlamento il 31 gennaio 1921 e il 30 maggio 1924.
Nel primo il politico denunciava le connivenze tra le forze politiche borghesi e le squadracce fasciste, nel secondo contestava i risultati delle elezioni di aprile di quell’anno.
Come si sa, Matteotti sarebbe poi stato ucciso il 10 giugno e quest’anno ricorre il centenario.
In scena vengono riproposti i discorsi di un martire nella loro nuda e terrificante verità: un invito a riflettere sul senso della militanza politica, sui diritti di cittadinanza, sulla possibilità di opporsi alla violenza fascista. “È un richiamo – dice la compagnia - ai valori di libertà e democrazia ma anche al ruolo che il teatro ha nella società”.