ALESSANDRO BERGONZONI E RICCARDO RODOLFI

“Qual’è il mio mestiere? Sono un alchimista, uno speleologo, un padre, una madre, un’ antenna, un copritore di distanze, un avanguardista, un medico. Sono folgorato, forsennato, pensante o meglio un passante che passa da un pensiero all’altro. Sono un attore e un artista, faccio un mestiere pensante ma non è un lavoro è un lavorio”.

Ci si addentra in una ridda di immagini funamboliche ogni volta che si intervista Alessandro Bergonzoni: non percorre mai strade lineari, non si accomoda nel consueto, non si lascia tranquillizzare da noto. Ascoltarlo richiede l’azione vera dell’ascolto e il premio è la sterzata benefica da qualsiasi confort zone.

A sollecitarlo, parlando del comune mestiere del teatro, questa volta è il compagno di sempre, Riccardo Rodolfi, con lui sin dal nascere della Compagnia “I piccioni di piazza Maggiore”: amico, consigliere e da diversi anni anche regista della messinscena.

Grazie alla confidenza tra di loro il ritratto che viene delineato in questo video racconto ha un sapore intimo, più che mai preciso e sincero.

“Mi sento stretto come attore” afferma Bergonzoni “come dentro una taglia piccola. Sono lontano e vicino al teatro, sono uno scrittore o meglio uno scritturato. Passo sul foglio bianco da sinistra a destra, lo attraverso e quindi sono un migrante”

E ancora “E’ difficile separare l’arte dalla bellezza, la bellezza dalla cultura, la cultura dalla salute, la salute dalla giustizia, la giustizia dalla verità, la verità dall’istruzione. E’ tutto collegato. Questo è il mestiere dell’attenzione, significa prendere parte, mettere l’apostrofo fra P e ARTE. Non bisogna pensare al successo ma a far succedere le cose”.

Sulla pandemia che ci chiude in casa e chiude i teatri, dice che “questo è un momento di solitudine ma anche occasione di spiritualità e meditazione. E’ il momento di osservare quello che non avevamo mai osservato. Adesso capiamo il valore del cinema e del teatro, perché ne abbiamo fame. Non siamo soltanto quelli che fanno divertire: lo spettacolo è cultura, istruzione, politica, informazione. Lo spettacolo non è la tv o la rete. La rete la dobbiamo fare noi con il pensiero. E’ il momento del coraggio, la paura va trasformata e il teatro trasforma la paura”.

“Io faccio il punto interrogativo, o meglio faccio il punto e osservo. E anche il pubblico è a casa, in osservazione, per uscire con una nuova energia”.